Negli ultimi dieci anni si è registrato in tutto il mondo un aumento incredibile del consumo di acqua in bottiglia, stante ai dati dell’Organizzazione mondiale della Sanità. L’Italia risulta essere al primo posto in Europa e al terzo nel mondo tra i Paesi che consumano più bottiglie d’acqua. In totale nei 28 Paesi dell’Ue annualmente vengono consumati 46 miliardi di bottiglie in plastica, tra i 7,2 e gli 8,4 solo nel nostro Paese. Questo enorme consumo di acqua in bottiglia comporta un’enorme quantità di plastica che, in teoria, andrebbe riciclata, ma che, purtroppo, troppo spesso, finisce solo per inquinare l’ambiente. 

Secondo i dati riportati da Beverfood,il portale sul mondo del Beverage, in Italia sono ben 259 i marchi di acqua in bottiglia registrati, dei quali il 74,5% è gestito da otto grandi gruppi, ovvero San Pellegrino, San Benedetto, Ferrarelle, Lete, Sant’Anna, Gruppo Acqua Minerali d’Italia, Cogedi/Uliveto/Rocchetta e Spumador. Nestlé, Pepsico, Danone, Coca Cola e Hangzhou Wahaha Group sono, invece, i maggiori distributori mondiali. Il business dell’acqua, infatti, è di livello mondiale. In Italia, tra l’altro, a causa del sistema eterogeneo dei “canoni” gestito direttamente dalle Regioni, i grandi marchi prelevano l’acqua (teoricamente pubblica) alle fonti a prezzi bassissimi e la rivendono poi a prezzi molto alti, riuscendo ad avere un grande ritorno economico.

È evidente che, trattandosi di un business mondiale, le sue conseguenze si riversano sul mondo intero, in particolar modo negli oceani, dove ogni anno finiscono circa  otto tonnellate di plastica. I rifiuti di plastica sono ormai onnipresenti nell'ambiente."Stiamo sempre più soffocando gli ecosistemi con la plastica, e sono molto preoccupato che possano esserci conseguenze indesiderate non intenzionali che scopriremo solo quando sarà troppo tardi", ha affermato il prof. Roland Geyer (Università della California e di Santa Barbara, USA), che ha guidato la ricerca. Anche il Mediterraneo non fa eccezione, essendo un mare quasi chiuso, rischia un eccessivo accumulo di detriti, in quanto per degradarsi una bottiglia di plastica impiega mediamente 450 anni, rilasciando nel frattempo microplastiche che invadono ormai anche le isole più protette d’Italia. Ce lo ricordano: il capodoglio spiaggiato in Sardegna con 22 kg di plastica in corpo e le tante tartarughe marine soccorse e curate presso il Centro di recupero di Brancaleone in Calabria.

L’Ue, di fronte alla gravità di questo problema,  ha approvato una direttiva che comporterà la progressiva riduzione della plastica in circolazione: com’è ormai noto, dal 2021 la plastica monouso, come quella dei bicchieri e dei piatti di plastica, sarà fuori legge; per quanto riguarda le bottiglie, entro il 2025 sarà obbligatorio per tutti gli Stati membri portare il tasso di riciclo al 90%. Per incentivare la popolazione a consumare l’acqua del rubinetto, l’UE si impegnerà anche a migliorare la qualità dell’acqua che arriva nelle nostre case.

Al di là della normativa, ciò che tutti noi possiamo fare per ridurre quest’impressionante numero di bottiglie di plastica è, appunto, cercare di bere l’acqua del rubinetto. Come consumatori, noi possiamo scegliere in modo consapevole e iniziare così il processo di cambiamento.